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Assegnazione della casa coniugale e opponibilità all’acquirente
Scritto da Valentina Varlese il 27 aprile 2018
Con ordinanza
del 31 ottobre 2017 n. 25835 la Suprema Corte affronta nuovamente
la questione dell’opponibilità dell’assegnazione della casa
coniugale per effetto della separazione tra coniugi al terzo
acquirente dello stesso immobile.
Il caso: il terzo acquirente agisce per il rilascio
dell’immobile acquistato in proprietà con atto posteriore al
provvedimento di assegnazione della casa coniugale, ma precedente
alla trascrizione del diritto del coniuge assegnatario.
La controparte eccepisce l’assegnazione della casa
coniugale per effetto della separazione giudiziale.
Il Tribunale in primo grado reputa la richiesta
attorea inammissibile, sul presupposto che l’attore avesse espresso
un consenso negoziale implicito alla perdurante utilizzazione del
bene da parte del coniuge assegnatario, in sintonia con lo schema
dell’art. 1803 c.c., a causa dell’inerzia nel richiedere il
rilascio dell’immobile, protrattasi nei cinque anni successivi alla
stipulazione del contratto di compravendita.
L’attore ricorreva in appello sulla base di due motivi:
il primo, consistente nel rilievo che il Tribunale
non aveva neppure esaminato la domanda di rilascio del bene alla
scadenza del novennio;
il secondo contestando l’affermazione al consenso
negoziale implicito all’utilizzazione dell’immobile quale casa
familiare.
La Corte di Appello rigettava il gravame ritenendolo
inammissibile ai sensi dell’art. 437 c.p.c.
La Cassazione invece ha ritenuto il ricorso fondato,
rinviando per la decisione nel merito alla Corte di Appello,
riconoscendo in primo luogo che l’eccezione di assegnazione
giudiziale della casa in sede di separazione coniugale non rientra
tra i casi per i quali la legge prevede espressamente l’onere di
eccezione in capo alla parte, né tra i casi in cui l’elemento
costitutivo dell’eccezione è rappresentato dalla volontà di
esercitare un diritto potestativo. L’efficacia impeditiva del
diritto dell’attore al rilascio infatti deriva direttamente dal
provvedimento giudiziale di assegnazione della casa coniugale e non
dalla manifestazione di volontà dell’assegnatario dell’immobile
di volersi avvalere degli effetti di tale provvedimento giudiziale.
Si tratta perciò, ad avviso della S.C. di una eccezione in senso
lato, il cui rilievo non è subordinato alla specifica e tempestiva
allegazione della parte, ammissibile anche in appello, dovendosi
ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati ex actis.
Si ritiene comunque che il conflitto tra coniuge
assegnatario dell’immobile e terzo acquirente che abbia trascritto
il suo titolo di acquisto anteriormente alla trascrizione del
provvedimento giudiziale, debba essere risolto in favore del primo,
ma solo nei limiti del novennio, secondo il disposto dell’art. 1599
comma 3 c.c.
La questione si inserisce nel filone delle pronunce
volte a risolvere il problema interpretativo nascente dalla infelice
formulazione normativa dell’art. 6 comma 6 della L. 1/12/1970 n.
898 in materia di scioglimento del matrimonio (come modificato dalla
L. 74/1987). Tale norma ha statuito che “L’assegnazione, in
quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi
dell’art. 1599 c.c.”
Tuttavia, se l’intenzione del legislatore era
stata quella di chiarire il quadro normativo e fornire una chiave di
lettura per la risoluzione del conflitto all’operatore del diritto,
l’effetto non è stato quello sperato. Infatti solo a seguito di
numerose pronunce giurisprudenziali si è enucleato il principio di
diritto per cui il provvedimento di assegnazione della casa
familiare, se pure non trascritto, sia opponibile nel limite del
novennio dall’assegnazione, ai terzi acquirenti dell’appartamento
trattandosi di provvedimento avente per definizione data certa (in
tal senso Cassazione SS.UU. 11096/2002, seguita da Cassazione 23
ottobre 2014 n. 22593).
Ciò ha permesso in sostanza di contemperare gli
interessi alla conservazione dell’equilibrio psico-fisico della
prole nel momento della crisi familiare e le garanzie di certezza
degli acquirenti di un immobile.
Occorre poi considerare l’art. 337 sexies
introdotto dal D. Lgs. 154/2013 che all’ultimo comma prevede che
“Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca (della casa
familiare n.d.r.) sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi
dell’art. 2643 c.c.”, lasciando ancora possibile la prospettata
interpretazione.
Anche la recentissima Cassazione n. 7007/2017 ha
confermato tale principio della necessità della trascrizione del
provvedimento di assegnazione della casa coniugale, ai fini
dell’opponibilità a terzi, solo per la assegnazione
ultranovennale, ferma restando l’opponibilità del provvedimento in
tutte le altre ipotesi.
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