CORTE DI CASSAZIONE Sentenza 15 ottobre 2015, n. 20844 Rapporto di lavoro - Licenziamento - Illegittimità - Conteggi per indennità risarcitoria - Assenza di contesazione da parte del datore - Condizioni
CORTE DI CASSAZIONE
Sentenza 15 ottobre 2015, n. 20844
Svolgimento del processo
La Corte d'appello di Torino, con la sentenza n.
1236 del 2007, riconosceva ad E.D. come conseguenza
dell’illegittimità del licenziamento comunicatogli da P. s.p.a.,
con lettera del 22/3/2002, in esito al quale egli aveva esercitato il
diritto di opzione ai sensi del quinto comma dell'articolo 18 della
L.n. 300 del 1970, nella formulazione operante ratione temporis, la
retribuzione globale di fatto dal momento del licenziamento a quello
dell'esercizio dell'opzione, comprensiva del premio di produzione e
dell'indennità di funzione, detratto l'aliunde perceptum. Al fine di
determinare il quantum, recepiva i conteggi depositati da P. s.p.a.
in ottemperanza all'ordinanza della stessa Corte, aggiungendovi
quanto dovuto a titolo di TFR, indennità sostitutiva della
reintegrazione e TFR sull'indennità sostitutiva. In tal modo,
riduceva a complessivi €. 98.879,11, oltre rivalutazione monetaria
ed interessi legali, il maggior credito ritenuto dal Tribunale, che
aveva riconosciuto le retribuzioni dal momento del licenziamento al
pagamento dell’indennità sostitutiva.
Per la cassazione di tale sentenza E.D. ha proposto
ricorso, fondato su due motivi; P. s.p.a. ha resistito con
controricorso proponendo a sua volta ricorso incidentale affidato ad
un unico motivo, cui ha resistito E.D. con controricorso.
La causa, dapprima chiamata all’udienza del
5.3.2014, è stata rinviata a nuovo ruolo al fine di attendere la
decisione delle Sezioni Unite sulla questione di diritto trattata,
sottopostale con ordinanza interlocutoria n. 18369 del 2013, ed
infine chiamata all’udienza del 11.6.2015. Entrambe le parti hanno
depositato memorie ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1. Preliminarmente, il ricorso principale quello
incidentale sono stati riuniti ex art. 335 c.p.c., in quanto proposti
avverso la medesima sentenza.
2. Come primo motivo di ricorso, E.D. deduce la
violazione dell'articolo 18 della L.n. 300 del 1970 in cui sarebbe
incorsa la Corte territoriale nel ritenere che il lavoratore che
eserciti il diritto di opzione abbia diritto alla retribuzione
maturata sino alla data dell'esercizio del diritto di opzione e non
sino al pagamento dell'indennità sostitutiva. Formula il seguente
quesito di diritto: "Dica la Corte se, una volta che il
lavoratore abbia ottenuto una sentenza di reintegra ex articolo 18
della L.n. 300 del 1970, essa vada eseguita finché non venga
riformata, quindi, dica se, stante la prevalenza del giudicato su
ogni possibile circostanza interdittiva al ripristino del rapporto di
lavoro, questo permanga "de iure" fino al pagamento
dell'indennità sostitutiva della reintegra di cui al medesimo
articolo 18 legge 300/1970 e non venga a cessare per la mera
manifestazione dell'opzione da parte del lavoratore".
2.1. Il motivo non è fondato.
Sulla specifica questione proposta sono intervenute
le Sezioni Unite di questa Corte con le sentenze n. 18353 e n. 18354
del 27/08/2014,che, a composizione del precedente contrasto di
giurisprudenza, hanno affermato che "in caso di licenziamento
illegittimo, ove il lavoratore, nel regime della cosiddetta tutela
reale (nella specie, quello, applicabile "ratione temporis",
previsto dall'art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nel testo
anteriore alle modifiche introdotte con la legge 28 giugno 2012, n.
92), opti per l'indennità sostitutiva della reintegrazione,
avvalendosi della facoltà prevista dall'art. 18, quinto comma, cit.,
il rapporto di lavoro, con la comunicazione al datore di lavoro di
tale scelta, si estingue senza che debba intervenire il pagamento
dell'indennità stessa e senza che permanga - per il periodo
successivo in cui la prestazione lavorativa non è dovuta dal
lavoratore né può essere pretesa dal datore di lavoro - alcun
obbligo retributivo. Ne consegue che l'obbligo avente ad oggetto il
pagamento della suddetta indennità è soggetto alla disciplina della
"mora debendi" in caso di inadempimento, o ritardo
nell'adempimento, delle obbligazioni pecuniarie dei datore di lavoro,
con applicazione dell’art. 429, terzo comma, cod. proc. civ., salva
la prova, di cui è onerato il lavoratore, di un danno ulteriore".
2.2. La vincolatività dell’orientamento espresso
dalle Sezioni Unite, in difetto di valide ragioni di dissenso che
determinerebbero una nuova rimessione al Supremo Consesso (art. 374
III comma c.p.c.) impone il rigetto del motivo, avendo fatto la Corte
territoriale corretta applicazione della normativa in questione.
3. Come secondo motivo, E.D. lamenta il vizio di
motivazione in cui sarebbe incorsa la Corte d'appello, laddove non ha
assunto come base di calcolo dell’indennità risarcitoria la
retribuzione mensile nell'importo di € 3.418,33, che era stato
indicato nei conteggi depositati in primo grado e che non era stato
oggetto di contestazione specifica, recependo invece il diverso
importo ricalcolato in sede d’appello da P. s.p.a. Lamenta inoltre
che l’aliunde perceptum sia stato calcolato sino alla data del
pagamento dell’opzione (30 novembre 2005) e non sino al momento
dell'esercizio della stessa (13 giugno 2005).
3.1. Il motivo, contrariamente a quanto eccepito
dalla difesa di P. è ammissibile.
In ricorso infatti sono riportati il contenuto dei
conteggi assunti in primo grado a fondamento del petitum ed il
contenuto della comparsa di costituzione di P. in primo grado. Da
quanto esposto si desume con chiarezza il contenuto della censura,
ovvero il fatto controverso in ordine al quale sono state formulate
le specifiche doglianze riassunte alle pgg. 23 e 27 del ricorso.
3.2. Il motivo è altresì fondato.
La Corte torinese ha disposto (come risulta dalla
pg. 13 della motivazione) che P. s.p.a ricalcolasse la retribuzione
globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento fino alla
comunicazione dell’esercizio dell’opzione (13.6.2005) includendo
sia il premio di produzione che l’indennità di funzioni. Non ha
tuttavia dato risposta alla questione preliminare che le era stata
sottoposta dalla stessa difesa di P., pure riportata in motivazione,
che aveva censurato la sentenza del Tribunale per avere ritenuto che
i conteggi allegati al ricorso non fossero stati contestati. Solo la
confutazione di tale statuizione del Tribunale, infatti, avrebbe
consentito alla Corte di merito di rideterminare gli importi dovuti.
3.3. Nell’esaminare tale questione, la Corte non
ha quindi tenuto conto del principio, reiteratamente affermato da
questa Corte (Cass. n. 4051 del 18/02/2011, Cass. n. 10116 del
18/05/2015), secondo il quale nel rito del lavoro, il convenuto ha
l'onere della specifica contestazione dei conteggi elaborati
dall'attore, ai sensi degli artt. 167, primo comma, e 416, terzo
comma cod. proc. civ., e tale onere opera anche quando il convenuto
contesti in radice la sussistenza del credito, poiché la negazione
del titolo degli emolumenti pretesi non implica necessariamente
l'affermazione dell’erroneità della quantificazione, mentre la
contestazione dell'esattezza del calcolo ha una sua funzione
autonoma, sia pure subordinata, in relazione alle caratteristiche
generali del rito del lavoro, fondato su un sistema di preclusioni
diretto a consentire all'attore di conseguire rapidamente la
pronuncia riguardo al bene della vita reclamato. Ne consegue che la
mancata o generica contestazione in primo grado rende i conteggi
accertati in via definitiva, vincolando in tal senso il giudice, e la
contestazione successiva in grado di appello è tardiva ed
inammissibile.
3.4. Orbene, dal contenuto della memoria di
costituzione di primo grado, che è stato riportato da entrambe le
parti, si evince che i conteggi del ricorrente erano stati contestati
da P. solo con specifico riferimento al computo delle voci indennità
di funzione e premio di produttività, ritenute dovute dalla Corte
territoriale; la contestazione degli ulteriori parametri adottati
(dichiaratamente desunti dai c.c.n.l. P. del 2001 e 2003) era
limitata alla generica affermazione "Sotto altro profilo, si
contestano in ogni caso i conteggi avversari in quanto privi di
qualsiasi riscontro". Tale contestazione, in quanto generica ed
inidonea ad individuare gli errori addebitati o addebitabili, non
consentiva di disattendere la specifica quantificazione formulata,
che doveva solo essere rideterminata in relazione al minore periodo
per il quale la Corte ha ritenuto dovuta l’indennità risarcitoria
(41 mesi e 13 giorni anziché 47 mesi).
3.5. Sotto il secondo profilo, la doglianza è
altresì fondata laddove la Corte ha detratto dal dovuto l’aliunde
perceptum nella misura indicata dal ricorrente nei conteggi prodotti
in primo grado (€. 97.285,00, come riferito in motivazione), senza
tenere tuttavia conto del fatto che la limitazione dell’indennità
risarcitoria al momento dell’esercizio dell’opzione comportava
che anche l’aliunde perceptum andasse analogamente riparametrato in
riferimento a tale (più breve) periodo.
4. A fondamento del ricorso incidentale, P. s.p.a.
lamenta il vizio di motivazione e la violazione dell’art. 18 dello
Statuto dei lavoratori in cui sarebbe incorsa la Corte d'appello,
laddove non ha considerato che l'indennità sostitutiva della
reintegra e l'indennità risarcitoria vanno determinate sulla scorta
della medesima base di calcolo, mentre ha assunto a parametro due
diverse quantificazioni. Riferisce in proposito che la Corte
d’appello per l’indennità ex art. 18 comma 5 della L. 300/1970
ha adottato come base di calcolo la retribuzione individuata dal
lavoratore nei conteggi di primo grado, mentre l’indennità
risarcitoria è stata determinata con riferimento all’inferiore
retribuzione calcolata da P. nei conteggi depositati nel giudizio
d’appello.
4.1. Anche il controricorso incidentale è fondato.
E difatti, l'art. 18 della legge n. 300 del 1970,
nel testo risultante dalla novellazione introdotta con legge n. 108
del 1990, fa riferimento, nei commi 4 e 5, al medesimo parametro - la
" retribuzione globale di fatto" - sia per il risarcimento
del danno che per la determinazione dell'indennità sostitutiva della
reintegrazione, ancorché nel primo caso si risarcisca un danno
provocato dal comportamento illegittimo del lavoratore, mentre nel
secondo si quantifica un'indennità legata ad una scelta del
lavoratore (Cass. n. 1833 del 29/01/2007, conf. Cass. n. 2262 del
02/02/2007). Ne consegue che anche sotto tale profilo la
quantificazione operata dalla Corte territoriale, che ha assunto due
diversi importi come base di calcolo, non risulta corretta.
5. In conclusione, rigettate il primo motivo di
ricorso, devono invece essere accolti il secondo motivo ed il ricorso
incidentale, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla.
Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che dovrà
rideterminare il credito del lavoratore tenendo conto di quanto sopra
indicato e liquidare anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi. Accoglie il secondo motivo del
ricorso principale ed il ricorso incidentale. Rigetta il primo motivo
del ricorso principale. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle
censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello
di Torino in diversa composizione.
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