ifetto di potere rappresentativo - procura alle liti da società di capitali - produzione dei documenti dimostrativi - preclusioni. Corte di Cassazione - Sez. Terza civile -Sentenza 7775 del 03.04.2014

Corte di Cassazione - Sez. Terza civile -Sentenza 7775 del 03.04.2014



Quando sia eccepito il difetto di potere rappresentativo in capo alla persona che, in nome e per conto d'una società di capitali, abbia conferito la procura alle liti, è consentito alla società medesima produrre i documenti dimostrativi del suddetto potere anche quando siano maturate le preclusioni di cui all'art. 183 c.p.c. ed anche in grado di appello.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRUTI Giuseppe M. - Presidente -
Dott. D'ALESSANDRO Paolo - Consigliere -
Dott. SCRIMA Antonietta - Consigliere -
Dott. VINCENTI Enzo - Consigliere -
Dott. ROSSETTI Marco - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso 27769/2010 proposto da:
D.N.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MACHIAVELLI 47, presso lo studio dell'avvocato DI MAGGIO ANTONIA, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato DI NAUTA MATTEO giusta delega in calce;
  • ricorrente -
    contro
  • FONDIARIA SAI SPA, giusta fusione per incorporazione di LA FONDIARIA ASSICURAZIONI SPA nella SAI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA CONCILIAZIONE 44, presso lo studio dell'avvocato PERILLI MARIA ANTONIETTA, che la rappresenta e difende giusta delega in calce;
  • - controricorrente -
  • D.M.C. - intimata -
    avverso la sentenza n. 41/2010 del TRIBUNALE DI LUCERA SEDE DISTACCATA DI RODI GARGANICO, depositata il 10/03/2010 R.G.N. 163/2004; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/02/2014 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI; udito l'Avvocato ANTONIETTA MONACO per delega; udito l'Avvocato MARIA ANTONIETTA PERILLI; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIACALONE Giovanni che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
  1. Il _____ la sig.a D.N.M. subì delle lesioni personali in conseguenza d'un sinistro stradale, avvenuto mentre era alla guida d'un ciclomotore di proprietà della sig.a D.M. C.
  2. Nel 2003 la sig.a D.N.M. convenne in giudizio dinanzi al Giudice di pace di Rodi Garganico la società Fondiaria-SAI s.p.a., esponendo che: (a) la proprietaria del ciclomotore, sig.a D.M.C., aveva stipulato con la Fondiaria-SAI un'assicurazione contro gli infortuni a beneficio di qualunque conducente del proprio ciclomotore;
    (b) la Fondiaria-SAI aveva ricusato di pagare l'indennizzo contrattualmente dovuto.
    Concludeva pertanto chiedendo la condanna dell'assicuratore al pagamento del suddetto indennizzo.
  3. Il Giudice di pace con sentenza 16.3.2004 n. 44 accolse la domanda. La sentenza, appellata dalla Fondiaria-SAI, venne riformata dal Tribunale di Lucera con sentenza 10.3.2010 n. 41. Ritenne il Tribunale che l'attrice non avesse provato l'esistenza e l'efficacia del contratto di assicurazione contro gli infortuni. Precisò che l'attrice aveva inteso fornire tale prova depositando dei documenti in copia, che vennero disconosciuti dalla Fondiaria-SAI sin dalla comparsa di costituzione e risposta depositata in primo grado. Sarebbe stato, pertanto, onere dell'attrice depositare i suddetti documenti in originale, onere che non era stato mai assolto.
  4. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione dalla sig.a D.N.M., sulla base di tre motivi.
    Ha resistito con controricorso la Fondiaria-SAI.
Motivazione


1. Il primo motivo di ricorso.
    1. Col primo motivo di ricorso la sig.a D.N.M. sostiene che la sentenza impugnata sarebbe viziata sia da violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3); sia da nullità (art. 360 c.p.c., n. 4); sia da omessa motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5). Espone, al riguardo, che tanto in primo grado, quanto in secondo grado, la procura alle liti al difensore della Fondiaria-SAI era stata conferita da soggetti privi del necessario potere rappresentativo: donde la nullità della procura alle liti e, di conseguenza, l'inammissibilità dell'appello proposto dalla società assicuratrice. Soggiunge che tale eccezione era stata da lei sollevata "nel corso del giudizio di appello" (così il ricorso, foglio 7, penultimo rigo (La ricorrente ha ritenuto di non dovere numerare le pagine del proprio ricorso)), ed in replica ad essa la Fondiaria-SAI aveva depositato i documenti giustificativi dei poteri rappresentativi dei propri procuratori generali "solo con la memoria" di replica in appello (ibidem, foglio 8). Conclude pertanto che la Corte d'appello, rigettando la suddetta eccezione, era incorsa in vari errores in procedendo ed in iudicando:
      (a) aveva ammesso una produzione documentale tardiva; (b) aveva ritenuto che la suddetta produzione tardiva potesse sanare retroattivamente il difetto di poteri rappresentativi in capo ai funzionari che nel nome della Fondiaria-SAI avevano conferito la procura alle liti;
      (c) aveva trascurato di considerare che le procure ad negotia conferite dalla società SAI s.p.a., la quale aveva stipulato la polizza oggetto del giudizio, avevano perso efficacia in conseguenza della fusione per incorporazione di questa società nella società Fondiaria s.p.a.;
      (d) aveva ritenuto che comunque la suddetta nullità era rimasta sanata perchè non tempestivamente eccepita dalla odierna ricorrente.
    2. . La censura è fragile nel suo contenuto giuridico, e maliziosa nella forma con cui è esposta.
      Prima d'ogni altra considerazione, dunque, sarà bene rilevare come la parte ricorrente, la quale ascrive alla Fondiaria-SAI di avere prodotto le procure ad negotia conferite ai propri rappresentanti generali "solo con la memoria di replica", aveva essa per prima ritenuto di sollevare l'eccezione di nullità della procura alle liti solo con la comparsa conclusionale, celando pudicamente tale circostanza - nell'esposizione dei motivi del ricorso per cassazione - con la formula secondo cui l'eccezione sarebbe stata sollevata "nel corso del giudizio". Appare dunque francamente sconcertante, oltre che contrastante con ogni dovere di probità ex art. 88 c.p.c., dolersi della tardiva produzione d'un atto la cui necessità processuale sorse dalla altrettanto tardiva eccezione dell'odierna ricorrente.
    3. Compiuto questo doveroso richiamo ai principi di lealtà e probità processuale, v'è ora da rilevare come il primo motivo di ricorso sia palesemente infondato Le società di capitali e le persone giuridiche stanno in giudizio per il tramite delle persone che ne hanno la rappresentanza. Quest'ultima può essere generale o particolare, e dev'essere conferita con le forme prescritte alla legge per l'opponibilità ai terzi (atto pubblico o scrittura provata autenticata). Quando nel corso d'un giudizio civile sorga questione circa la titolarità del potere rappresentativo in capo alla persona che, in nome e per conto della persona giuridica, abbia conferito il mandato alle liti, si pongono all'interprete due problemi:
      (a) come deve essere dimostrato il potere rappresentativo;
      (b) quando debba essere fornita la relativa prova. Ambedue questi problemi sono stati da tempo risolti dalla giurisprudenza. Circa il modo in cui va dimostrata la titolarità del potere rappresentativo, è necessaria la produzione del documento contenente la procura, non essendo sufficiente la mera menzione di esso o l'indicazione degli estremi (ad es. data o numero di repertorio nel caso di atti pubblici: così, ex multis, Sez. L, Sentenza n. 23786 del 21/10/2013, Rv. 628512). Circa il tempo in cui va dimostrata la titolarità del potere rappresentativo, non esistono al riguardo preclusioni di sorta. La legitimatio ad processum costituisce infatti un presupposto processuale che attiene alla regolare costituzione del rapporto processuale. Pertanto, così come l'accertamento della sua esistenza o della sua mancanza può essere compiuto in ogni stato e grado del processo (cfr. Cass. n. 13550 del 16 settembre 2003, rv. 566876), allo stesso modo la produzione dell'atto da cui risulti la sussistenza della suddetta legittimazione non è soggetta alle preclusioni previste per la produzione dei documenti, ed è ammissibile persino nel giudizio di legittimità, ai sensi dell'art. 372 c.p.c., comma 1, (Sez. L, Sentenza n. 12131 del 19/08/2003, Rv. 565971, in motivazione). Se la produzione del documento giustificativo dei poteri rappresentativi avviene in corso di causa, essa produce l'effetto di sanare retroattivamente le irregolarità che inficiano i precedenti gradi dei giudizi, salva ovviamente l'ipotesi in cui si sia formato il giudicato, ovvero che i giudici di merito abbiano già rilevato la mancanza del presupposto processuale, traendo le debite conseguenze in ordine alla validità dell'atto compiuto in mancanza di esso.
    4. Si applichino ora i principi in esame, dai quali prescinde del tutto la ricorrente, al caso di specie, e li si comparino con le doglianze riassunte al p.1.1. Ne risulta che:
      (a) il Tribunale di Lucera non ha affatto violato il divieto di produzione di nuovi documenti in appello, perchè gli atti giustificativi dell'esistenza del potere rappresentativo concernono un presupposto processuale ed il loro deposito non è soggetto a preclusioni;
      (b) la produzione anche in appello dell'atto di conferimento della procura ad negotia sana retroattivamente l'attività processuale compiuta prima del deposito, sempre ovviamente che la procura sia anteriore al conferimento del mandato alle liti, come è avvenuto nel nostro caso;
      (c) la società resistente ha documentato che la SAI s.p.a. ha incorporato per fusione la società Fondiaria (cfr. l'att. 29.12.2002 rep. 10364/3/3524, allegato al fascicolo Fondiaria-SAI); di conseguenza la prima di tali società non si è estinta, ma ha solo cambiato ragione sociale, e le procure ad negotia precedentemente conferito non hanno perso validità;
      (d) alla luce dei principi appena esposti, infine, diventa del tutto irrilevante stabilire se il Tribunale abbia o meno errato nel ritenere relativa e sanabile la nullità derivante dal difetto di rappresentanza sostanziale in capo al soggetto che ha conferito la procura alle liti, perchè comunque tale nullità nel presente giudizio non si è verificata
    5. Il primo motivo di ricorso, dunque, è infondato alla luce del seguente principio di diritto:
      Quando sia eccepito il difetto di potere rappresentativo in capo alla persona che, in nome e per conto d'una società di capitali, abbia conferito la procura alle liti, è consentito alla società medesima produrre i documenti dimostrativi del suddetto potere anche quando siano maturate le preclusioni di cui all'art. 183 c.p.c. ed anche in grado di appello.
      2. Il secondo motivo di ricorso.
      2.1. Col secondo motivo di ricorso la sig.a D.N.M. sostiene che la sentenza impugnata sarebbe incorsa sia nel vizio di violazione di legge di cui all'art. 360 c.p.c., n. 3; sia in quello di motivazione (ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5).
      Dall'illustrazione del motivo, nondimeno, si rileva che con esso la ricorrente prospetta due errores in procedendo da parte del Tribunale:
      (a) il primo sarebbe consistito nel ritenere non provata l'esistenza del contratto, nonostante la sottoscrizione della polizza fosse stata solo tardivamente disconosciuta dalla Fondiaria-SAI, in violazione dell'art. 215 c.p.c.;
      (b) il secondo sarebbe consistito nel consentire che il disconoscimento della sottoscrizione della polizza avvenisse in appello, in violazione del divieto di proporre nuove eccezioni sancito dall'art. 345 c.p.c.
      L'erronea intitolazione del motivo di ricorso tuttavia non ne comporta l'inammissibilità: è noto infatti che nel caso in cui il ricorrente incorra nel c.d. "vizio di sussunzione" (e cioè erri nell'inquadrare l'errore commesso dal giudice di merito in una delle cinque categorie previste dall'art. 360 c.p.c.), il ricorso non possa per questa sola ragione essere dichiarato inammissibile, quando dal complesso della motivazione adottata dal ricorrente sia chiaramente individuabile l'errore di cui si duole. Depongono in tal senso sia il generale principio di validità degli atti processuali idonei al conseguimento dello scopo (art. 156 c.p.c.); sia il generale principio jura novit curia, in virtù del quale è compito del giudice individuare la norma applicabile alla fattispecie (anche processuale), a nulla rilevando l'eventuale erronea indicazione compiuta dalla parte; sia, soprattutto, i principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte, le quali - componendo i precedenti contrasti - hanno stabilito che l'erronea indicazione del motivo di ricorso resta ininfluente, quando la motivazione del ricorso contenga comunque un "inequivoco riferimento" al vizio di cui la parte intende effettivamente dolersi (Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013).
      2.2. Nel merito, il motivo è fondato. Il Tribunale ha motivato la propria decisione spiegando che "sin dalla propria comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di primo grado" la Fondiaria-SAI "disconosceva espressamente tutta la documentazione allegata dall'odierna appellata solo in copia".
      Ne traeva la conclusione che, non avendo l'attrice depositato l'originale del contratto, era mancata la prova di quest'ultimo.
      2.3. Dall'esame degli atti, consentito dalla natura processuale del vizio denunciato, si rileva come l'attrice abbia prodotto in giudizio una fotocopia di una polizza assicurativa, per documentare l'esistenza del contratto. Rispetto ad una fotocopia non è ovviamente necessario il disconoscimento della sottoscrizione, di cui all'art. 215 c.p.c.: è tuttavia necessario che la parte interessata, ove intenda espungere dal materiale istruttorio la fotocopia, ne contesti la conformità all'originale, ai sensi dell'art. 2719 c.c.
      La Fondiaria-SAI, pertanto, a fronte della produzione documentale dell'attrice poteva fare due cose:
      (a) contestare la conformità della fotocopia all'originale, riservandosi poi - una volta prodotto quest'ultimo - di disconoscere la propria sottoscrizione;
      (b) ammettere la conformità della fotocopia all'originale, ma disconoscere la propria sottoscrizione.
      La società convenuta tuttavia non fece nè l'una, nè l'altra.
      La Fondiaria-SAI infatti, costituendosi dinanzi al giudice di pace, eccepì:
      -) l'incompetenza per valore del giudice adito;
      -) la necessità di "integrare il contraddittorio" (sic) nei confronti del contraente;
      -) il quantum della pretesa attorea.
      Accanto a queste censure (già esse formulate in modo così stringato da rasentare la nullità) la comparsa di costituzione e risposta (contenuta in poco più d'una pagina) espone poi un florilegio di clausole di stile, e cioè: "impugna e contesta tutto quanto ex adverso assunto, richiesto, domandato, eccepito e prodotto in quanto improcedibile ed inammissibile oltre che infondato in fatto e diritto e non provato"; "impugna e contesta per ogni altro aspetto a domanda attorea"; "contesta espressamente la documentazione richiamata da parte attrice nell'atto di citazione in quanto inammissibile e comunque irrilevante e non influente ai fini di causa oltre che priva di ogni e qualsiasi rilevanza ed efficacia giuridica e probatoria".
      2.4. Ora, a parte lo sconforto che simili espressioni ingenerano dal punto di vista stilistico e grammaticale (non si vede infatti come possa essere "improcedibile quanto prodotto"; oppure come possa essere un atto "irrilevante oltre che privo di qualsiasi rilevanza"), quel che conta in questa sede è che nessuna delle espressioni appena trascritte costituisce, dal punto di vista processuale, una valida contestazione della conformità all'originale d'un documento prodotto in copia.
      Scopo degli atti processuali è, in senso lato, lo stesso del processo: allocare gli interessi in conflitto; scopo in senso stretto degli atti processuali è delimitare l'oggetto del contendere.
      Un atto processuale non può consistere in una vuota declamazione, perchè deve servire a far conoscere alla controparte prima, ed al giudice poi, quali temi facciano parte del dibattito processuale e quali no. La comparsa di costituzione e risposta, in particolare, deve consentire al giudice di stabilire quali siano i fatti che occorrerà accertare, perchè contestati; e quali invece non sarà necessario accertare, perchè non contestati (tali principi, pacifici, hanno formato tutti l'oggetto della fondamentale decisione pronunciata da Sez. U, Sentenza n. 761 del 23/01/2002, Rv. 551789).
      Mentre dunque l'atto di citazione ha lo scopo di delimitare l'oggetto del pronuntiare da parte del giudice, la comparsa di risposta ha l'altrettanto fondamentale scopo di contribuire a delimitare l'oggetto del cognoscere.
      Affinchè questo scopo possa essere raggiunto, è necessario che negli atti processuali si parli ore rotundo, ovvero "concisamente e in ordine", come si esprime l'art. 118 disp. att. c.p.c., comma 2, il quale sebbene dedicato ai criteri di redazione delle sentenze è comunque espressione d'un principio generale.
      Qualsiasi contestazione in ambito processuale non può essere ambigua o generica, perchè lascerebbe irrisolto il dubbio se i fatti dubitabilmente contestati debbano essere provati o meno. Per queste ragioni la contestazione generica deve ritenersi tamquam non esset: e ciò sia per quanto attiene le modalità di contestazione dei fatti processuali allegati dalla controparte; sia per quanto attiene le modalità di contestazione della conformità all'originale della copia di un documento.
      In applicazione di questi principi, sono state già state ritenute inefficaci da questa Corte:
      (a) la contestazione della conformità tra l'originale di una scrittura e la copia fotostatica della stessa, formulata con l'espressione "si contesta nella forma e nella sostanza" (Sez. 2, Sentenza n. 28096 del 30/12/2009, Rv. 610586, nonchè, più di recente, Sez. 1, Sentenza n. 14416 del 07/06/2013, Rv. 626517);
      (b) il disconoscimento dell'autenticità d'una sottoscrizione compiuta con le parole "si contesta la documentazione prodotta" o altre simili (Sez. 2, Sentenza n. 3655 del 13/04/1987, Rv. 452593).
      Una contestazione della conformità all'originale d'un documento prodotto in copia, insomma, è validamente compiuta ai sensi dell'art. 2719 c.c. quando si indichi espressamente in cosa la copia differisca dall'originale, ovvero quando si neghi l'esistenza stessa d'un originale. Limitarsi a dichiarare di "contestare" un documento senza nemmeno indicare cosa ci sia da contestare è un artificio che può trovar spazio nei manuali di retorica, non negli atti d'un processo, e chi lo adotta non potrà che imputare a sè medesimo le conseguenze derivanti dalla imperfetta contestazione.
      2.5. Da quanto esposto discende che nel presente giudizio:
      (a) la conformità all'originale della copia del contratto prodotta dall'attrice non è mai stata validamente nè tempestivamente contestata dalla Fondiaria-SAI;
      (b) di conseguenza quel documento doveva essere utilizzato ai fini del decidere;
      (c) ergo ha errato il Tribunale nel non tenerne conto, e ciò sotto due profili: sia perchè la contestazione fu generica; sia perchè la contestazione fu tardiva.
      2.6. La sentenza va dunque cassata con rinvio al Tribunale di Lucera, in diversa composizione, il quale deciderà la controversia applicando il seguente principio di diritto:
      La contestazione della conformità all'originale d'un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche, quali "impugno e contesto" ovvero "contesto tutta la documentazione perchè inammissibile ed irrilevante", ma deve avvenire in modo chiaro e circostanziato, attraverso l'indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall'originale. In mancanza di tali requisiti la contestazione è priva di effetti.
      3. Il terzo motivo di ricorso.
      3.1. Col terzo motivo di ricorso la ricorrente si duole della sentenza impugnata nella parte in cui l'ha condannata a restituire alla Fondiaria-SAI le somme percepite in esecuzione della sentenza di primo grado, assumendo che tale pronuncia sia avvenuta ultra petita.
      Tale motivo resta assorbito dall'accoglimento del secondo motivo di ricorso.
      4. Le spese. Le spese del giudizio di legittimità e dei gradi precedenti di merito saranno liquidate dal giudice del rinvio, ai sensi dell'art. 385 c.p.c., comma 3.
PQM
la Corte di cassazione, visto l'art. 383 c.p.c., comma 1:
-) accoglie il secondo motivo del ricorso;
-) cassa la sentenza impugnata a rinvia la causa al Tribunale di Lucera in diversa composizione;
-) rimette al giudice del rinvio la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità e di quelle dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 febbraio 2014.
Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2014

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